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Dalla prima metà dell'800 si ebbe così un mutamento nello stile e nella vocalità, con una spiccata preferenza di 'suoni oscuri, voce di petto e declamazione' (39), al canto settecentesco italiano virtuosistico e fiorito. Fra i cantanti prevalse l'uso della voce di petto, meno pronta all'agilità 'di gorgia' ma più potente di quella di testa. Per cantare le note acute con tale registro è necessario 'girare' i suoni applicando il sistema di pronunzia esposto da Garcìa per il 'colore oscuro'. La nuova moda della 'voix sombrée' non prese piede improvvisamente, né segnò un cambiamento repentino in contrasto con la vocalità precedente. Seguendo l'antica tecnica dell'impasto dei registri che facilita l'emissione di note anche molto acute mantenendo un timbro chiaro, Mattia Battistini (40) ottenne risultati di dolcezza e intellegibilità difficilmente udibili da un cantante odierno dello stesso registro vocale (41). Il celebre Tamagno fu scelto da Verdi per la parte di protagonista nell'Otello. Tale ruolo viene oggi notoriamente considerato eroico sia drammaticamente che vocalmente. Eppure nelle incisioni di questo leggendario cantante si possono ascoltare acuti di grande squillo come di suggestiva morbidezza, eseguiti mescolando sapientemente il suono di petto con quello di testa (42). Oggidì i tenori considerati idonei per ruoli drammatici difficilmente riescono a cantare piano e con grazia, e in particolar modo su tessiture alte; la responsabilità di tale inattitudine viene erroneamente attribuita non all'imperizia tecnica, bensì alla natura vocale congenita.

Da un'incisione del 1906 presente in una diffusa antologia discografica (43), si può agevolmente constatare che lo storico soprano Adelina Patti (44) all'età di sessantatré anni possedeva una freschissima voce, estesa e robusta anche sulle note basse, similmente ad altre cantanti che figurano nella raccolta. Complessivamente la vocalità della Patti è affine a quella del suo contemporaneo Alessandro Moreschi (cfr. nota 8): cantore della Cappella Pontificia, fu l'ultimo e unico castrato di cui si abbiano testimonianze registrate. Ancora due secoli dopo le Opinioni del Tosi, Moreschi mischia gradatamente l'emissione naturale o 'di petto' nel registro grave (45) con quella 'di testa' nella regione più acuta della voce. 'L'angelo di Roma', come questi era meritatamente appellato, la Patti e tutti i cantanti coevi pronunziano le vocali aperte con una nettezza inequivocabile, caratteristica negletta dal canto lirico odierno. Oggi infatti le cantanti alterano la dizione in modo sistematico al di fuori di reali esigenze espressive, uniformandosi pedissequamente al colore scuro dei cantanti di sesso maschile, soprattutto baritoni e bassi. Solamente i tenori, unici fra tutti i ruoli vocali, hanno mantenuto una sufficiente equivalenza fonematica fra parola cantata e parola parlata. Purtroppo la difformità della pronunzia sul registro di testa prevalentemente usato dalle voci femminili - è ancor più evidente; le conseguenze sono palesi a tutti e sgradite a molti: 'casta diva' si canta sempre più spesso 'costa düva'; 'kyrie' 'korüe', e 'di primavère' 'do promovére'... Alla luce di una lettura esegetica, questo artificio appare filologicamente scorretto anche per l'esecuzione di composizioni di Rossini, Bellini, Donizetti, o di altri compositori ottocenteschi italiani.

Lo studio attuale del canto mira a rendere omogenea la voce, ma giustifica eccessi tali da sublimarla in modo quasi astratto, alienandola dalla natura primaria dell'organo vocale, che dovrebbe sempre tener ben presente che la sua scintilla vitale è la parola. Molti reputano che una 'è' o una 'ò' aperte disturbino con la loro chiarezza la conformità dell'emissione e del timbro, e, allo scopo di perseguire un suono 'nobile' e levigato, si discostano dalla giusta pronunzia provocando l'incomprensibilità del testo. (>>>Continua...) (<<<Precedente)

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(39) ANDREA DELLA CORTE, Vicende degli stili del Canto... in Canto e Belcanto, Torino, G.B. Paravia & C., 1933, pag. 245.

(40) Mattia Battistini (1856 - 1928), baritono italiano. Canta Perché tremar da Zampa ou la fiancée marbre di Ferdinand Hérold - 1906 - Gramophone 052148 (889 C) ora anche nel CD Lebendige Vergangenheit, Mono 89045 H.R. 1991.

(41) Oltre a grande facilità sugli acuti, il canto regolato secondo i principi dell'impasto dei registri consentiva grande estensione all'esecutore. Nel '600 si trovano diversi esempi in proposito. Le arie di Caccini Poi ch'a mortal rischio e Io che l'età solea viver hanno un'estensione rispettivamente dal re1 al sol 3 e dal re1 al fa3. Esse sono stampate nella raccolta Le Nuove Musiche e Nuova Maniera di scriverle, Firenze 1614; Zanobi Pignoni & Co, recante sul frontespizio l'iscrizione 'Con due arie particolari per tenore, che ricerchi le corde del basso'. È evidente che il registro di voce del tenor seicentesco non corrisponde a quello del tenore moderno: nelle esecuzioni odierne - sia polifoniche che solistiche - la parte del tenor viene sostenuta da baritoni o tenori la cui vocalità non coincide con quella adottata all'epoca.

(42) Francesco Tamagno (1850 - 1905), tenore italiano. Nel CD EMI Classics canta Sopra Berta da Il Profeta di Mayerbeer - 1903 - Ed. Ricordi Grandi tenori di ieri e di oggi CDOC 16369; in esso si può riconoscere un'emissione 'mista' di petto e di testa, molto diversa dagli acuti cantati quasi esclusivamente di petto che si usano oggi.

(43) CD La Scala edition, EMI Classics 0777 7 64860 2 4.

(44) Adelina Patti (1843 - 1919) cantò diverse volte per Rossini e fu entusisticamente apprezzata dal Maestro, soprattutto per il virtuosismo esibito nell'arte belcantistica.

(45) P. F. TOSI, op. cit. pagg. 40-42. Secondo il Tosi tale registro arriva fino al do4. Del resto le seguenti affermazioni tratte dalle Opinioni lasciano intendere che nei castrati (come ancora oggi nei bambini) il registro di petto si estendeva più in alto rispetto alle voci femminili. 'La giurisdizione della voce naturale, o di petto, termina ordinariamente sul quarto spazio, o sulla quinta riga, (in chiave di soprano, n.d.r.) ed ivi principia il dominio del falsetto si nello ascendere alle note alte, che nel ritornare alla voce naturale ove consiste la difficoltà dell'unione; Consideri dunque il Maestro di qual peso sia la correzione di quel difetto, che porta seco la rovina dello Scolaro se la trascura.'